Patto per la salute, ai distretti sanitari la governance della medicina territoriale. La bozza di riforma dell’assistenza territoriale ispirata dal nuovo Patto per la Salute e aggiornata con le indicazioni e i progetti del Pnrr è stata anticipata dal Quotidiano della Sanità. La testata specializzata anticipa il lavoro licenziato dall’Agenas e che è stato consegnato alla cabina di regia impegnata nella elaborazione del Patto per la Salute. Si tratta di una riorganizzazione dei servizi sanitari e socio assistenziali che trae spunto dalle tante emergenze acclarate durante questi lunghi mesi di pandemia, e che ha reso non più rinviabile una pianificazione strategica della “medicina territoriale”.

La riforma mira a deospedalizzare il più possibile, e a concertare una organizzazione a maglie strette di tutte le professionalità che operano sul territorio. Il primo tassello citato nella bozza è il Distretto Socio-Sanitario- 1 ogni 100mila abitanti- nel cui ambito opereranno Case della Comunità, grandi e piccole e, gli Ospedali di Comunità. Sempre in capo al Distretto il coordinamento di tutte le attività di assistenza domiciliare e delle Rsa. Un distretto ogni 100 mila abitanti prevede al suo interno minimo 4 Case della Comunità (di cui una Hub aperta h24 tutta la settimana e 3 Spoke), un servizio Usca, 2 ospedali di Comunità, un Hospice e una Centrale operativa territoriale. Il tutto sarà messo in rete attraverso la digitalizzazione e anche con l’attivazione del numero verde “116117” che consentirà anche di gestire l’assistenza domiciliare e altri servizi come la salute mentale, sociali e i consultori. Il nuovo standard di assistenza territoriale prevede anche il parametro di un Infermiere di Comunità ogni 2.000-2.500 abitanti. All’interno del Patto per la Salute il Distretto Socio-Sanitario avrà il compito di programmare, organizzare ed anche erogare i servizi. Lo standard ne prevede uno ogni 100 mila abitanti con variabilità secondo criteri di densità di popolazione e caratteristiche orografiche del territorio. Infatti nelle aree interne e rurali è prevista una casa di Comunità hub per ogni distretto e almeno 3 case spoke per ogni 10mila/15mila abitanti. Tutte le aggregazioni dei Medici di medicina generale e Pediatri di libera scelta sono ricomprese nelle Case della Comunità. La governance del Distretto implica anche le aggregazioni della Medicina Generale e Pediatria di Libera Scelta, ovvero le AFT (aggregazioni funzionali territoriali) e UCCP (unità complesse delle cure primarie), medicine di gruppo integrate, con sede fisica all’interno delle Case della Comunità, oppure a questa collegate funzionalmente, in qualità di strutture spoke, per quei territori disagiati e a minore densità abitativa. Oltre ad 1 infermiere di Comunità ogni 2.000-2.500 abitanti, afferenti alle Case di Comunità; 1 Unità Speciale di Continuità Assistenziale (1 medico e 1 infermiere) ogni 100.000 abitanti; 2 Ospedali di Comunità (20 posti letto ogni 50.000 abitanti), da attuarsi in modo progressivo secondo la programmazione regionale; 1 Hospice fino a 10 posti letto all’interno della rete aziendale delle cure palliative; – 1 Centrale Operativa Territoriale (1ogni 100.000 abitanti). “In questa fase – si legge nella bozza – di innovazione e sviluppo del Sistema Sanitario Nazionale nel Patto per la Salute, inoltre, è dirimente garantire l’autonomia regionale nel vagliare la configurazione più opportuna in termini di tipologia e numerosità delle strutture e dei servizi di assistenza territoriale, sulla base delle caratteristiche geografiche e della popolazione di riferimento”.
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